#01 MAAM MUSEO DELL'ALTRO E DELL'ALTROVE
Lettura e commento del testo: “Antonino
Saggio "Imparare da Metropoliz UnLost territories ovvero il centro è dove
è l'azione" pp. 844-85, in "MAAM Museo dell'altro e
dell'altrove di Metropoliz_Città_Meticcia" Catalogo 2017 a cura di Giorgio
de Finis, Bordaeux Edizioni, Roma 2017”.
“…Perché sia chiaro, noi
non scherziamo, non siamo u-topici, non siamo “senza luogo”, ma il progetto è
per questo settore, per questa città, per questo tempo: è qui che si deve fare,
come molte altre città del mondo hanno già fatto…“ Cit. Antonino Saggio
Partendo da questa citazione,
vorrei evidenziare quello che ad oggi è uno dei più grandi problemi del nostro
paese. In tutte le città italiane è presente una grande quantità di edifici
dismessi o cantieri iniziati e mai finiti. Certo, le periferie sono sicuramente
fulcro di questo problema, ma non ne sono esenti le centralità costruite. La
mia iscrizione al corso, e la volontà di partecipare al progetto urbano di
“Aniene Rims” è dipesa proprio da questa problematica. La società odierna muta
velocemente, e con essa deve essere mutata anche il suo contesto.
Focalizzandoci sulla città di Roma, in particolare sul MAAM, è impensabile che un
edificio dismesso deve essere occupato con forza e sofferenza da un’altra etnia
per avere un rifugio. Lo studio di edifici dismessi, di zone abbandonate e la
loro possibilità di essere utilizzate, nelle periferie come nel centro città, a
sostegno delle diverse etnie che si insediano nel territorio, oppure a
sostentamento dei già residenti nelle zone, è fondamentale. Gran parte del
territorio cittadino ormai è edificato, questo vuol dire che nel trascorrere
degli anni la capacità di noi architetti d’intervenire su strutture esistenti e
modificarne la natura primaria degli edifici per innestare nuove funzioni sarà
fondamentale. L’aiuto che può dare l’arte nel cambiamento degli edifici è una
forza in più che dobbiamo saper sfruttare. Nel caso del MAAM l’utilizzo
dell’arte ha avuto un ruolo fondamentale non solo per il rapporto che le nuove
etnie possono avere con il nostro paese, ma soprattutto per il potere che ha
assunto questo edificio prima dimenticato. Credo, che la maggior parte della
popolazione residente a Roma non fosse a conoscenza dello status dell’edificio
prima dell’occupazione, solo una volta avvenuta la riqualifica artistica ha
assunto un valore che ha portato la sua conoscenza dentro e fuori il territorio
romano. La stretta collaborazione tra architetto ed artista è l’unico modo per
innalzare e riqualificare le zone dimenticate di cui ci occupiamo. La figura
dell’architetto serve alla nuova organizzazione dello spazio urbano e gestione
degli spazi vivibili, ma la mano dell’artista è necessaria per donare
quell’importanza che permette all’architettura di essere vissuta con sentimento
e rispettata. Vivere un’ambiente privato, o spazio urbano, attentamente
progettato e curato aiuta l’uomo che vive al suo interno ad avere una cura
diversa dello spazio circostante. Al contrario trascurare queste zone
“dimenticate” abbandonandole a loro stesse significherebbe aspettare immobili
che il degrado prenda il sopravvento.
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